13 maggio 2008

Niente Inter per Cuper, il Parma l'ha cacciato: tocca a Manzo




Fra i tifosi dell'Inter, almeno quelli più autoironici, già da ieri sera circolava una battuta su Hector Cuper: "Con noi è in debito di uno scudetto, domenica ce lo dovrà restituire". Ma la settimana dei colpi di scena nell'ultima pazza giornata di campionato non è finita e il caso, o il destino, ha rimescolato le carte e cambiato di nuovo scenario: il Parma ha esonerato a sorpresa l' "hombre vertical" e, domenica, al Tardini di Parma, le strade di Hector l'argentino e dei nerazzurri di Moratti non torneranno ad incontrarsi. Non si concretizzerà così una di quella clamorose possibilità di nemesi che il vorticoso mondo del pallone concede sempre più di rado. Sulla panchina gialloblù si accomoderà Andrea Manzo, tecnico della Primavera.Al di là dei meriti e delle colpe, dei pregi e degli abbagli, Hector Cuper, almeno per gli appassionati italiani, si porta dietro (e a questo punto se la porterà probabilmente per sempre) l'etichetta dell'uomo del 5 maggio, il condottiero della disfatta del 2002, quando l'Inter buttò via lo scudetto, perdendo 4-2 all'Olimpico contro la Lazio nell'ultima di campionato. E Cuper esce di scena dal calcio italiano 'triste, solitario y final', come il romanzo del suo connazionale Soriano. Abbandonato dai nuovi amici e deriso dai vecchi. Non potrà giocarsi l'ultima mano, quella in cui il disperato mette sul tavolo tutti i soldi che gli sono rimasti, condannando magari proprio quella squadra che ha contribuito a creare la forse immeritata fama di perdente di classe (ma anche in Spagna il destino gli ha riservato dei contraccolpi con due finali di Champions perse col Valencia). Non potrà partecipare a scrivere l'ultima pagina di quel giallo intricato e bislacco in cui si è trasformato il campionato di serie A, ma che affonda le sue radici in quella partita dell'Olimpico di sei anni fa. Il ricordo di quella giornata paradossale Cuper se l'è portata con sè anche quando due mesi fa Tommaso Ghirardi lo chiamò a Parma, per sostituire Di Carlo, con il preciso obiettivo di evitare la prima storica retrocessione in B ad una squadra che ha saputo sopravvivere ad uno dei più grandi crac della finanza mondiale. L'Inter era appena uscita dalla Champions, ma lo scudetto sembrava, allora, una pratica ormai più che archiviata. Lui ha risposto facendo spallucce a chi gli ricordava ossessivamente quel giorno e guardando storto, con quell'aria a metà fra lo psicologo e lo stregone, chi gli chiedeva di rivangare il passato neroazzurro. E fin dal primo giorno ha predicato il suo calcio, ricordando che la vittoria prima che dalle gambe passa dal cuore e dalla testa. Poi però, i risultati non sono arrivati. E fatale gli è stata la sfida di Firenze, nella giornata che ha mischiato i destini di chi lotta per il titolo e di chi combatte per evitare la B. La sceneggiatura era perfetta e l'incrocio finale, la 'final fight' fra Cuper e la sua ex squadra sembrava l'epilogo ideale. Ma il destino, stavolta sotto le generose forme del presidente Ghirardi che lo ha sollevato dall'incarico, ha di nuovo cambiato tutto, proponendo uno scenario diverso: l'hombre vertical che se ne va triste, solitario y final.


LE PRIME PAROLE - «Sto male. Ma l'importante, in questo momento, è che la squadra pensi all'incontro di domenica. Non è tempo per le polemiche». Hector Cuper ha rotto il silenzio in tarda serata dalla sua casa a due passi dal Duomo di Parma dopo l'esonero dalla panchina crociata. «Io sto male, certo, come posso stare? Ma bisogna pensare solo alla partita. I ragazzi devono cercare la vittoria a tutti i costi. Domenica prossima tiferò Parma, spero tanto che riesca a salvarsi. Anche se per quanto mi riguarda, io non ci sarò. Il Parma è in silenzio stampa e questo vale anche per me. - ha concluso Cuper -. Sì, sono stato esonerato, ma il contratto è ancora valido».

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